PIPER ROMA: CHIUSO PER 4 GIORNI CON PROVVEDIMENTO ADOTTATO AI SENSI DELL’ART. 100 T.U.L.P.S. 

Assointrattenimento in completo disaccordo con l’utilizzo coercitivo di tale provvedimento in danno alle discoteche già sufficientemente provate da due anni di chiusura covid.

Anche la discoteca PIPER di Roma, come decine di altri colleghi del settore in tutto il paese,  è stata oggetto di un provvedimento di chiusura che Assointrattenimento ritiene iniquo e inefficace nei principi per i quali è stato redatto.

Il 26 giugno 1931, sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, veniva approvato il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, meglio noto con l’acronimo T.U.L.P.S. Per alcuni storici  questa raccolta di norme di polizia amministrativa, tuttora vigente nel nostro ordinamento repubblicano, rappresentava la piena espressione del regime autoritario al tempo al potere in Italia, poiché in esso si riscontrano tutta una serie di misure di prevenzione che, attuate in via amministrativa, garantivano una maggiore celerità di intervento rispetto ad altre tipologie di norme, cosi da meglio asservire il “potere” nella lotta e nella prevenzione contro i dissidenti politici. 

Tale norma, ancora oggi, cosi dispone: 

Oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che hanno determinata la sospensione, la licenza può essere revocata.”

Come può essere agevolmente rilevato, trattasi di una norma che consente l’emissione di provvedimenti dalle conseguenze molto intense nei confronti degli operatori del settore, atteso che produce l’immediata sospensione della licenza con gravi e, talvolta irreparabili, danni alle sottese attività economiche, senza che la responsabilità dell’imprenditore abbia un qualsivoglia rilievo e senza che la piena applicazione dei protocolli di comportamento sottoscritti con il Ministero dell’interno sin dal 2016 e dei conseguenti protocolli sottoscritti a livello provinciale in tutta Italia, siano presi in considerazione prima dell’adozione dei provvedimenti di chiusura.

In effetti, per il consolidato orientamento giurisprudenziale, l’art. 100 non persegue la finalità di sanzionare la condotta soggettiva del gestore dell’esercizio pubblico (che dunque appare irrilevante) ma piuttosto mira a impedire – proprio attraverso la “chiusura” del locale – “il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale e, nel contempo, di prevenire il reiterarsi di siffatte situazioni, rendendo consapevoli quei soggetti (o chi si è in ogni caso reso protagonista di comportamenti criminosi e/o intollerabili), in modo da indurre il modificarsi della loro condotta”. 

In altre parole, è misura che colpisce gli avventori e non i gestori, pur tuttavia producendo effetti negativi soprattutto nei confronti di questi ultimi. Pertanto l’interesse del singolo (in questo caso dotato di rilevanza economica) viene per cosi dire “piegato” alle esigenze collettive primarie di tutela della pubblica sicurezza.

Sul piano sostanziale, tale norma dovrebbe poi produrre “un effetto dissuasivo su soggetti ritenuti pericolosi, i quali, da un lato, sono privati di un luogo di abituale aggregazione e, dall’altro, sono avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte, indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente.”.

Si deve inoltre aggiungere che il potere del Questore- nel valutare i fatti di potenziale pericolo che costituiscono i presupposti per l’emanazione della misura della sospensione della licenza prevista dall’art. 100 – è dotato di ampia discrezionalità, tanto che neppure il Giudice Amministrativo può sindacarne l’esercizio se non nei casi di enorme contraddittorietà ed evidente illegittimità della sottesa motivazione. 

In un tale contesto appare indubbio che il provvedimento di sospensione di un esercizio pubblico ex art. 100 TULPS ha un ampio carattere discrezionale, tuttavia tale discrezionalità richiede, soprattutto nel nostro ordinamento repubblicano, di essere controbilanciata da un adeguato supporto motivazionale nel quale siano indicate espressamente ed idoneamente descritte le ragioni giustificanti l’adozione di una cosi intensa misura nei confronti dell’esercente. 

In conclusione, l’art. 100 T.U.L.P.S. ben potrebbe anche nella mutata realtà sociale odierna, soprattutto a riguardo dei nuovi fenomeni di criminalità organizzata e di terrorismo internazionale, divenire un efficace strumento di tutela della pubblica sicurezza, tuttavia ove fosse utilizzato senza adeguate giustificazione degraderebbe ad inutile manifestazione autoritariache, nell’inerzia di altri più efficaci interventi a disposizione dell’autorità pubblica, provocherebbe e provoca inutili danni economici ai soli esercenti sebbene privi  di qualsivoglia responsabilità. 

Il Presidente

Luciano Zanchi